Si rivolgeva allo scrivente studio legale una lavoratrice, in forza ad una Ditta individuale esercente nell’ambito immobiliare con un contratto di collaborazione autonoma.
Nella specie, si duoleva la lavoratrice di essere stata inquadrata fittiziamente come collaboratrice esterna, con accordo di rapporto “autonomo”, pur essendo nella specie concretamente integrati tutti i presupposti normativi della subordinazione.
La Magistratura ha evidenziato, correttamente, come la caratteristica fondamentale del rapporto subordinato è l’abituale assoggettamento alle direttive altrui ed ai moduli operativi imposti dal “titolare”, con assenza di margini decisionali del lavoratore. In particolare, possono considerarsi manifestazione della subordinazione le direttive impratite dal datore di lavoro che devono essere specifiche ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa, in modo da limitare l’autonomia del prestatore di lavoro. Tale vincolo di soggezione personale porta a ritenere che il lavoratore subordinato sia tale solo allorquando la sua prestazione sia rimessa integralmente alle disposizioni e determinazioni del datore di lavoro a fronte delle cui direttive non può far altro che eseguire.
Al contrario laddove un rapporto si caratterizzi per una gestione autonoma della prestazione da parte del lavoratore, pur nell’ambito dell’organizzazione predisposta dal committente, deve escludersi la sussistenza dell’eterodirezione in senso tecnico, in quanto l’organizzazione del lavoro attraverso un’attività di coordinamento può essere propria di qualsiasi organizzazione aziendale e l’adozione di direttive generali non è di per sé incompatibile con forme di lavoro distinte da quello subordinato.
Quando l’assoggettamento del lavoratore ai poteri datoriali non sia facilmente evincibile, può inoltre farsi riferimento a criteri sussidiari o complementari che possono assurgere a indici rivelatori della subordinazione, quali la regolarità degli orari e dei contenuti della prestazione, l’omogeneità dei contenuti operativi, l’inquadramento in una predefinita cornice organizzativa, il pagamento in misura fissa o regolare, l’utilizzo da parte del lavoratore di attrezzature e materiali dell’impresa ed anche l’assenza in capo al lavoratore di una seppur minima struttura imprenditoriale.
Ebbene, nel caso di specie, sono emersi, dall’ampia istruttoria svolta, numerosi elementi caratterizzanti la subordinazione, tra i quali la sussistenza di direttive stringenti in ordine alla pianificazione giornaliera del lavoro, alla sussitenza di rigidi orari determinati unilateralmente ed alle concrete mansioni da eseguire, sempre dietro controllo attento e potere disciplinare del datore di lavoro. Si evidnenziavano altresì orari stabili e rigidi in cui veniva richiesta necessariamente la presenza in ufficio della lavoratrice nonché la sussistenza di una postazione di lavoro ad hoc, con PC e telefono.
Alla luce di quanto emerso, il Tribunale civile di Cassino, sezione Lavoro, ha accertato la sussistenza di un rapporto “fittizio” per come formalizzato nonché la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti in giudizio ed ha condannato il datore di lavoro al versamento delle differenze retributive quantificate in € 10.000,00 circa nonché alla regolarizzazione, per l’intero periodo, della contribuzione obbligatoria in favore dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale.
SentenzaTribunale civile di Cassino – Sez. Lavoro del 19/02/2025 nr. 190/2025 – Studio Legale Avv. Bruno Redivo