+39 0771772881
·
segreteria@studiolegaleredivo.com
·
Si riceve per appuntamento
Richiedi una consulenza on-line

Con l’aggiornamento tecnologico, ad oggi anche le Agenzie fiscali, prime tra tutte Agenzia delle Entrate – Riscossione, provvedono alle notificazioni delle cartelle esattoriali utilizzando lo strumento del messaggio Pec, inviando l’atto impositivo sull’indirizzo di posta elettronica certificata risultante dalla Camera di Commercio territoriale della Società ( o ditta ) debitrice.
Ebbene, numerosi legali specializzati nel settore hanno da sempre contestato le modalità illegittime di notificazione eseguite dal Riscossore, notifiche del tutto nulle ed invalide siccome non eseguite nel rispetto della normativa di settore che impone una modalità esecutiva stringente e precisa. In particolare si contestava in numerosi contenziosi la nullità della notificazione siccome proveniente da un indirizzo di posta elettronica certificata ( quella del Riscossore ) non risultante dai Pubblici Registri, come imposta dalla normativa applicabile – infatti l’indirizzo di posta elettronica certificata con cui il Riscossore esegue le notificazioni è un indirizzo interno e non risultante da alcun Pubblico Registro.

Nel ritenere che già ciò solo invalidi interamente la procedura notificatoria, si contestavano le nullità delle notificazioni sotto molteplici profili. Il Tribunale civile di Latina, sezione Lavoro, in una recentissima Sentenza del 25 Giugno 2019, ha evidenziato tuttavia un vizio differente consistente in una ulteriore “mancanza” del Riscossore laddove è solito produrre in giudizio, come prova della notificazione via Pec, una scansione della ricevuta di consegna del messaggio di posta elettronica certificata, in luogo della unica e corretta allegazione del messaggio in formato elettronico originale.

Evidenziava il Magistrato Pontino: Sul punto deve osservarsi che la prova della notifica delle cartelle di pagamento deve avvenire in modalità telematica, infatti ai sensi dell’art 9 della legge 21 gennaio 1994, n. 53, comma 1-bis (come modificato dalla legge 228/12 e dalla legge 114/14) solo qualora “non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’articolo 3-bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’ articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”. Presso i tribunali e le corti d’appello civili è possibile procedere al “deposito con modalità telematiche” della prova della notifica telematica, ai sensi dell’art. 19 bis del Provv. Resp. DGSIA 16 aprile 2014 (Specifiche tecniche previste dall’art. 34, c.1, D.M. 44/2011), il quale statuisce che “La trasmissione in via telematica all’ufficio giudiziario delle ricevute previste dall’articolo 3-bis, comma 3, della legge 21 gennaio 1994, n. 53, nonché della copia dell’atto notificato ai sensi dell’articolo 9, comma 1, della medesima legge, è effettuata inserendo l’atto notificato all’interno della busta telematica di cui all’art 14 e, come allegati, la ricevuta di accettazione e la ricevuta di avvenuta consegna relativa ad ogni destinatario della notificazione; i dati identificativi relativi alle ricevute sono inseriti nel file DatiAtto.xml di cui all’articolo 12, comma 1, lettera e”.

Nella specie pertanto, il Magistrato adito annullava integralmente tutte le cartelle esattoriali notificate tramite Pec per carenza ( o meglio inidoneità ) di allegazione probatoria. Una pronuncia, quella richiamata, che non affronta integralmente la annosa e ben più ampia questione della notificazione tramite Pec ma che evidenzia un valido ed utile elemento di contestazione alle ( talvolta ) illegittime condotte delle numerose Agenzie Fiscali dislocate sul territorio.